Viaggi nell’arte…
Francesco Dell'Aglio, Figure in movimento, 2002,
tela su acrilico, 100cm.x100cm.
Francesco
Dell'Aglio, La Danza ,
2003, tela su acrilico, 50cmx40cm.
E’
trascorso oltre un decennio da quando ho avuto il grande piacere di conoscere
l’artista delle opere proposte in questo post. E’ difficile scrivere quando la
stima si mescola all’affetto, si rischia di non rendere giustizia alla
produzione artistica del pittore. L’amicizia che ci ha legati nel tempo, nonché
la comunanza di studi e interessi, mi hanno permesso di cogliere le sfumature
dell’animo di Francesco Dell’Aglio. La sensibilità spiccata - innanzitutto
umana, delicatissima e tenera - è leggibile nella sua produzione pittorica
giocata su elementi del reale trasmutati in simboli. La vivace tonalità dei
colori di cui si avvale Francesco Dell’Aglio riflette l’intensità con la quale
l’artista fa propri tali simboli, vivendoli quasi a contorni netti. Si
alternano così nei sui quadri campiture di colore, l’una inserita nell’altra o
accostate, che “incorniciano” figure umane stilizzate, galli, bocche che
sembrano fauci o semplici segni grafici veicolanti il tormento dell’anima. I
soggetti sono andati diversificandosi nel tempo in una continua ricerca del sé
attraverso l’espressione pittorica. Dopo una sosta durata alcuni anni,
l’artista mi ha riferito di aver ricominciato a dipingere ed è tutt’ora attivo.
Le sue opere sono state esposte varie volte e vendute presso gallerie d’arte.
Una fra quelle proposte è, con sommo piacere e onore, di mia proprietà, gentile
omaggio dell’artista alla nostra amicizia. Vi lascio all’emozione cromatica
prodotta dai lavori sopra associati, sebbene le foto da me scattate non siano
ottimali.
“La ricerca estetica di Francesco
Dell’Aglio ha radici saldamente fondate nella storia della pittura dell’ultimo
secolo, mostrando legami con diversi aspetti delle avanguardie storiche. E’ una
ricerca che si dilata dalla realtà sensibile alla sfera della pura intuizione,
dove l’oggettività perde l’identità naturalistica, per assumere forme nuove che
sfiorano talora l’astrazione. In questo processo evolutivo un ruolo
predominante assume il colore: non dirompente né lasciato al caso, eppure
vivace o decisamente fauve, compreso sempre però entro confini geometrici
disposti su fondi monocromi scuri, a comporre entità variegate che rimandano a
forme paesaggistiche, figure, oggetti. L’interpretazione delle percezioni e
delle emozioni si sviluppa nelle pagine pittoriche di Francesco Dell’Aglio con
un’espressionistica forza narrativa, anche se le immagini rimangono a volte
sospese in atmosfere di chagalliana memoria. I contenuti sono per lo più legati
a un mondo di esperienze soggettive, ma l’artista riesce a conferire loro
simboliche valenze, comunicando riflessioni e sentimenti di universale
respiro”.
(V. Cracas)
“Francesco Dell’Aglio è nato a Bari nel
1973; vive ed opera a Noicattaro (BA). Pittore, si è diplomato presso
l’Istituto Statale d’Arte (sezione architettura e arredamento) nel 1993 e si è
laureato in Lettere moderne con indirizzo storico-artistico nel 2001. Ha esposto in varie
mostre, fra cui la
Mostra Nazionale di Pittura e Bianco e Nero di Foggia “XXX
Premio Primavera” ed altre estemporanee, ottenendo consensi e apprezzamenti.”
Indirizzo:
Parco Evoli, 4 – 70016 Noicattaro (Bari)
Fonti
bibliografiche:
La
recensione di Cracas e i cenni sulla vita dell’artista sono tratti da L'élite. Selezione Arte
italiana 2003, Editrice l'élite, Varese 2003.
N.B. Coloro che volessero riprendere stralci
di questo post sono pregati gentilmente di citarne la fonte onde evitare
spiacevoli malintesi. Grazie.
Claudia 2-12-2008Alla sera-Foscolo
UGO
FOSCOLO
Alla sera
Alla sera
Forse perché della fatal
quïete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
4le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
8vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
11questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
14quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
(Da "I sonetti", 1803)
Chi di voi non ha mai sentito la serenità totalizzante della sera, anche nei luoghi più rumorosi? Forse perché l'approssimarsi della fine è sempre un altro inizio a noi sì caro viene, e ci rende gioiosi e distratti!
Aware 3-12-2008tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
4le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
8vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
11questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
14quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
(Da "I sonetti", 1803)
Chi di voi non ha mai sentito la serenità totalizzante della sera, anche nei luoghi più rumorosi? Forse perché l'approssimarsi della fine è sempre un altro inizio a noi sì caro viene, e ci rende gioiosi e distratti!
Daniel Pennac-Da: “Come un romanzo”
42.
Immaginiamo
una classe di adolescenti. Circa trentacinque studenti. Oh! Non quel genere di
studenti accuratamente calibrati per varcare in gran fretta gli alti portoni
delle grandi università, no, gli altri, quelli che sono stati respinti dai
licei del centro perché la loro pagella non lasciava prevedere un gran voto
alla maturità, né addirittura una maturità.
È
l'inizio dell'anno.
Sono
approdati qui.
In
questa scuola.
Davanti
a questo professore.
Ma
sarebbe meglio dire che si sono arenati qui. Respinti sulla riva, mentre i loro
compagni di ieri hanno preso il largo a bordo di licei-transatlantici in
partenza per grandi "carriere". Relitti abbandonati dalla marea
scolastica. Così si descrivono nella classica scheda di inizio anno.
Cognome.
nome. data di nascita...
Informazioni
varie:
"Sono
sempre andato malissimo in matematica... "Le lingue non mi
interessano"... "Non riesco a concentrarmi"... Non so
scrivere". . . "Ci sono troppi vocaboli nei libri" "(sic !
Eh! sì, sic!)... " "Non capisco niente di fisica"... "Ho
sempre avuto zero in ortografia"... "In storia, potrebbe andare, ma
non mi ricordo le date"... "Credo di non esercitarmi
abbastanza"... "Non riesco a capire"... 'Ho sbagliato un mucchio
di cose"... "Mi piacerebbe disegnare ma non sono molto portato"...
"Era troppo difficile per me"... "Non ho memoria"...
"Mi mancano le basi"... "Non ho idee"... "Mi mancano
le parole"...
Finiti...
Così
si dipingono.
Finiti
ancor prima di aver cominciato.
Certo,
calcano un po' la mano. Ma è il genere a richiederlo. La scheda personale, come
il diario, ha molto dell'autocritica. In essa si tende istintivamente a
denigrarsi. Inoltre, accusandosi di tutto, ci si mette al riparo da molte
pretese.
Almeno
questo dalla scuola l'avranno imparato: il conforto della fatalità. Non c'é
nulla di così tranquillizzante come un eterno zero in matematica o in
ortografia. Escludendo l'eventualità di un progresso, esso sopprime gli
inconvenienti dello sforzo. E confessare che i libri contengono "troppi
vocaboli", chissà, forse li esonererà dalla lettura...
Eppure,
questo ritratto che gli adolescenti fanno di se stessi non é fedele: non hanno
la faccia del ritardato dalla fronte bassa e dalla mascella quadrata quale
potrebbe immaginare un cattivo regista che leggesse i loro telegrammi autobiografici.
No,
hanno la faccia molteplice della loro generazione: ciuffo a banana e stivaletti
per il rocker di turno, calze inglesi e jeans firmati per il cultore della
moda, chiodo nero per il centauro senza moto, capelli lunghi o a spazzola a
seconda delle tendenze di famiglia... Quella ragazza, laggiù, nuota nella
camicia del padre che sfiora le ginocchia strappate dei suoi jeans, quell'altra
ostenta la sagoma nera di una vedova siciliana ("questo mondo non mi
concerne più") mentre la sua bionda compagna di banco ha puntato tutto
sull'estetica: corpo da cartellone pubblicitario e faccia da copertina
accuratamente patinata.
Sono
appena guariti dagli orecchioni e dal morbillo e già si beccano i virus della
moda.
E
la maggior parte sono anche alti! Gli mangiano in testa, al professore! E
grossi, i ragazzi! E le ragazze, già di quelle figurine!
Il
professore ha l'impressione che la sua adolescenza fosse più imprecisa...
piuttosto mingherlino, lui... robetta del dopoguerra... latte in polvere del
piano Marshall... all'epoca era in ricostruzione, il professore, come il resto
dell 'Europa...
Loro,
invece, hanno facce da risultato.
Questa
salute e questo ossequio alle mode conferiscono loro un'aria di maturità che
potrebbe intimidire. Le loro pettinature, i loro vestiti, i loro walkman, le
loro calcolatrici, il loro lessico, il loro atteggiamento distante, fanno
addirittura pensare che potrebbero essere più "adatti" al loro tempo
di quanto non lo sia il professore. Saperne molto di più di quanto non ne
sappia lui...
Molto
di più su che cosa?
E
proprio questo l'enigma dei loro volti...
Nulla
di più enigmatico di un'aria matura.
Se
non fosse un veterano, il professore potrebbe sentirsi espropriato del presente
dell'indicativo, un po' passatello... Solo che, ecco... ne ha visti di bambini
e di adolescenti in vent'anni di scuola... almeno tremila, se non di più... ne
ha viste passare, di mode... tanto che ne ha persino viste tornare!
L'unica
cosa di immutabile è il contenuto della scheda personale. L'estetica
"frana" in tutta la sua ostentazione: sono pigro, sono scemo, sono
uno zero, ho provato in mille modi, non sprecate le vostre forze, il mio
passato non ha futuro...
Per
farla breve, non si piacciono. E lo proclamano con una convinzione ancora
infantile.
Sono
fra due mondi, insomma, e hanno perso i contatti con entrambi. Sono "tipi
di tendenza", certo, "davvero tosti" (eccome!) ma la scuola
"è una pizza", le sue esigenze li "stressano", non sono più
dei bambini ma "si rompono" nell'eterna attesa di diventare grandi.
Vorrebbero
essere liberi e si sentono abbandonati.
(Daniel
Pennac, Come un romanzo, 1992, traduzione di Yasmina Melouah, Feltrinelli).
Dedicato
a tutti i miei amici...
Dedicato agli inquieti
In ogni goccia di pioggia la mia vita fallita piange nella natura. C'è un po' della mia inquietudine nel goccia a goccia, negli acquazzoni con cui la tristezza del giorno si rovescia inutilmente sulla terra.
Piove tanto, tanto. La mia anima è umida a forza di sentirlo. Tanto...La mia carne è liquida e acquosa intorno alla sensazione che ho di essa.
Un freddo inquieto cinge con gelide mani il mio povero cuore. Le ore grigie e [...] si allungano, si fanno pianura nel tempo; i momenti si trascinano.
Come piove!
Le grondaie vomitano piccoli torrenti d'acqua sempre improvvisa. Scende, sulla mia coscienza di sapere che esistono grondaie, un rumore molesto di caduta d'acqua.
Indolentemente, lamentosamente, la pioggia batte contro la vetrata; [...]
Una mano fredda mi stringe la gola e non mi fa respirare la vita.
Tutto muore in me, persino il sapere che posso sognare! Non sto bene in nessuna posizione. Tutte le cose morbide su cui mi adagio hanno spigoli per la mia anima. Tutti gli sguardi, verso cui guardo, sono così scuri perchè batte su di loro questa luce impoverita del giorno che si lascia morire senza dolore.
(Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma 2006, brano num.139)
Claudia 16-12-2008
BUONE FESTE A TUTTI I
GUERRIERI
Claudia 24-12-2008
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