venerdì 17 febbraio 2012

Novembre 2007


Più ti conosco e più mi meravigli

"Una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture; forse, semplicemtene una civiltà. Ci sono generazioni che hanno conseguito una dignità duratura leggendo e rileggendo un solo libro, la Bibbia. Non leggevano altro, ma tanto bastava a farli individui colti, talora artisti, letterati, scrittori.
I promessi sposi, la Divina Commedia sono stati libri perenni; come in altre letterature Don Chisciotte, Guerra e pace, e naturalmente, l'Iliade e l'Odissea.
Rileggere è un'esperienza che non ha nulla a che fare con il leggere; leggiamo un libro che non conosciamo, può essere un classico che abbiamo ignorato...in ogni caso leggeremo mossi da curiosità, interesse, magari una punta di disagio per la nostra scoperta ignoranza; saremo un pò come gli spettatori al cinema, vediamo cosa succede, come va a finire. Se finito il film usciamo e già sappiamo che questa esperienza è finita, vuol dire che non è successo nulla; molti libri, anche importanti, interessanti, entrano nella nostra vita e se ne vanno.
Esiste una rilettura immediata, quella che è pressochè le regola per una recensione; una rilettura interessante, perchè non è distratta da preoccupazioni esteriori; che succederà ora, come va a finire, lo spiega e non lo spiega. Questa rilettura immediata rivela pieghe, implicazioni, allusioni che ad una prima  lettura sfuggono; in verità ad una prima lettura sfugge quasi tutto.
Il rileggere è questa alleanza discorde: insieme ritrovare, riconoscere e scoprire; trovare ciò che la lettura precedente, o anche più letture, non ci aveva rivelato.
La prima lettura può anche essere un innamoramento; ma esistono delizie di amorosità mentale che si abbandonano solo dopo anni di solidarietà, di complicità, una attenzione maliziosa e un pò disonesta, nel senso che non deve esitare a coscientemente fraintendere, o lasciarsi illudere da un gioco astuto, un poco in malafede. Un'altra parola che mi piace: esiste una malafede dei grandi libri che è l'ultima a lasciarsi riconoscere, un gioco dentro un gioco, una allucinazione, addirittura una moneta fuori corso, o falsa, secondo le nostre ubbie monetarie, con cui acquistare una pietra rara e forse inesistente; nel cuore del grande libro sta il nulla più prezioso, irripetibile. Per accedere a questo nucleo fatale, inafferabile, in bilico squisito fra esistere e non esistere, occorre rileggere, camminare per strade che crediamo di conoscere, aggirarsi per anfratti che ci illudiamo di conoscere a memoria, scrutare ciò che abbiamo guardato, guardare ciò che abbiamo scrutato, essere superficiali dove abbiamo osato essere profondi, cercare nella superficie quella profondità che abbiamo creduto di trovare altrove.
Mi accorgo di non aver nominato un libro che più di tutti mi pare sia così insieme segreto ed esplicito, forse quello che più spesso ho letto, riletto e spero rileggerò: un libro ovvio e segreto, l'inesauribile Pinocchio".
G. MANGANELLI, in "Il rumore sottile della prosa", Adelphi, Milano, 1994.

Rileggere è un piacere che è privilegio di pochi...ma che auguro a tutti di provare!...
Falsacoscienza 2-11-2007

"Mi capita di vederlo a distanza, nella via lunga e stretta dove abito. Cammina lungo i muri delle case, per avere un appoggio, se incespica. L'andatura è sgraziata e, anziché seguire i comandi del corpo, sembra sfruttarne il peso, precipitandolo talora in avanti con accellerazioni improvvise.

Alcuni lo riconoscono e lo salutano. Lui si ferma con la schiena contro l'intonaco, sempre pronto a parlare con tutti. Intuisco che certi lo trattano come un bambino. Sono gli stessi che trattano i bambini come idioti e stabiliscono con loro, finalmente, un rapporto alla pari. Lui è in grado di dire cose che loro, probabilmente, non sanno neanche pensare, ma si limita a guardarli, mentre bamboleggiano, con il suo sorriso mite. Chi lo vede per la prima volta spesso non se ne accontenta. Si ferma e si volta a guardarlo. Lui se ne accorge e ho l'impressione che arranchi con una smorfia di sofferenza. Ma forse non è così, lui bada solo a non cadere, è abituato a essere osservato, solo che io non mi rassegno. Ho una smorfia di sofferenza ed è quello che ci unisce, a distanza.
Altre volte ho provato a chiudere un attimo gli occhi e a riaprirli. Chi è quel ragazzo che cammina oscillando lungo il muro? Lo vedo per la prima volta, è un disabile. Penso a quella che sarebbe stata la mia vita senza di lui. No, non ci riesco. Possiamo immaginare tante vite, ma non rinunciare alla nostra.
Una volta, mentre lo guardavo come se lui fosse un altro e io un altro, mi ha salutato. Sorrideva e si è appoggiato contro il muro. E' stato come se ci fossimo incontrati per sempre, per un attimo."
(Giuseppe Pontiggia, Nati due volte)

Postato da: claudiaz a novembre 08, 2007 21:05 | link | commenti

..Io ti sfioro e non so quanto sia emozionante
tu mi guardi e mi chiedi se sono presente
io penso alla nostra impotenza, ad un gesto d'amore.
si quel senso vitale che un po' si conosce
qualche cosa di dentro che affiora, che cresce
la voglia di credere ancora ad un gesto d'amore.
no, non di co l'amore che ci capita spesso.
Per amare io devo conoscere e amare me stesso....

Camminare in un posto, mangiare una cosa
sentire che sei in una stanza.
Adoprare le mani, toccare un oggetto
capire la sua consistenza.
imparare a sentire il presente
in un tempo così provvisorio
essere giunti su un metro di terra
sentire che il corpo è in perfetto equilibrio.

Peccato io non so mangiare
peccato, io non so dormire
non so camminare in un prato
non so neanche amare
peccato.

Io ti passo la mano sugli occhi un po' stanchi
poi mi accosto al tuo viso, al tuo seno ai tuoi fianchi
e cresce la voglia di unirisi in un gesto d'amore
no non dico l'amore che si possiamo anche fare....ma l'amore
Giorgio Gaber " l' impotenza "
Bluevoyage 12-11-2007

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Sei tutta spume agili e leggere
e i baci ti percorrono e t'irrigano i giorni.
Il mio gesto, la mia ansietà, pendono dal tuo sguardo.
Vaso di risonanze e di stelle prigioniere.
Son stanco, tutte le foglie cadono, muoiono.
Cadono, muoiono gli uccelli. Cadono, muoiono le vite.
Stanco, son stanco. Vieni, desiderami, fammi vibrare.
Oh, mia povera illusione, mia accesa ghirlanda!
L'ansia cade, muore. Cade, muore il desiderio.
Cadono, muoiono le fiamme nella notte infinita.

Fiammata di luci, colomba di crete bionde,
liberami da questa notte che incalza e distrugge.

Sommergimi nel tuo nido di vertigine e di carezza.
Desiderami, trattienimi.
L'ebbrezza all'ombra fiorita dei tuoi occhi,
le cadute, i trionfi, gli sbalzi della febbre.
Amami, amami, amami.
In piedi ti grido! Amami.
Infrango la mia voce gridandoti e faccio ore di fuoco
nella notte pregna di stelle e di levrieri.
Infrango la mia voce e grido. Donna, amami, desiderami.
La mia voce arde nei venti, la mia voce che cade e muore.

Stanco. Son stanco. Fuggi. Allontanati. Estinguiti.
Non imprigionare la mia sterile testa tra le tue mani.
Mi segnino la fronte le fruste del gelo.
La mia inquietudine si sferzi con i venti dell'Atlantico.
Fuggi. Allontanati. Estinguiti. La mia anima deve star sola.
Deve crocifiggersi, sbriciolarsi, rotolare,
versarsi, contaminarsi sola,
aperta alla marea dei pianti,
ardendo nel ciclone delle furie,
eretta tra i monti e tra gli uccelli,
distruggersi, sterminarsi sola,
abbandonata e unica come un faro di spavento.

(Pablo Neruda, Il Fromboliere Entusiasta)
Claudia 19-11-2007

Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
I' cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri".
Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno".
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!".
Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettuoso grido.
"O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.
Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense".
Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: "Che pense?".
Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!".
Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo dei dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?".
E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
(Inferno, Canto V, vv. 73-143)

Lo struggimento e la passione dolorosa dell'amore....non so perchè, ma la poesia di Neruda mi ha fatto pensare in qualche modo ai due amanti per eccellenza...
Falsacoscienza 25-11-2007

Nessun commento:

Posta un commento